Come sono cambiati i tassi d’interesse nel tempo
In questi mesi, un argomento “caldo” in ambito economico è, senza alcun dubbio, l’aumento dei tassi da parte delle banche centrali. La Federal Reserve, banca centrale statunitense, ha iniziato il proprio percorso ormai da svariati mesi, mentre la Banca Centrale Europea ha annunciato che interverrà da luglio per ridurre l’inflazione, mai così alta da 40 anni a questa parte.
In questi mesi, quindi, molto è cambiato per i cittadini italiani, sia per quanto riguarda i loro risparmi che, soprattutto, il mondo dei finanziamenti. Durante questo periodo di ripartenza dell’economia, anche i tassi d’interesse hanno subito dei cambiamenti che incidono, giocoforza, nei bilanci delle famiglie del Belpaese e nella quotidianità delle stesse.
Cosa è avvenuto da quando la BCE ha in mano la politica monetaria europea
La Presidente della BCE, Christine Lagarde, ha annunciato un aumento di un quarto di punto (25 base points) per il mese di luglio 2022, a cui farà seguito un ulteriore aumento di 0,25/0,50 nel mese di settembre. Mosse già ampiamente previste dagli operatori, come avranno notato i cittadini che hanno richiesto un mutuo o un prestito nel corso degli ultimi tre mesi
I tassi IRS e Euribor, quelli nella maggior parte dei casi collegati ad un finanziamento, sono aumentati rispetto alla fine del 2021, rendendo maggiormente oneroso contrarre un prestito o un mutuo. Una sorta di mossa anticipata, come normalmente accade, di quella che sarà la futura politica monetaria della Banca Centrale Europea, che ha già avuto delle situazioni complesse da gestire nonostante la “giovane età”.
Da quando Francoforte ha dovuto gestire la politica monetaria comunitaria, ovvero pochi anni dopo l’introduzione della moneta unica, i tassi sono passati dal 2 al 4,25%. Un aumento di ben 225 base points nell’arco di due anni e mezzo, necessario – in particolar modo dal 2007 alla metà del 2008 – per raffreddare una crescita economica eccessiva ed un ricorso al credito piuttosto elevato da parte dei cittadini europei, sulla scia di quanto avveniva, ormai da svariati anni, al di là dell’oceano.
Soprattutto nel settore immobiliare si era creata una sorta di spirale inarrestabile di aumento dei prezzi alimentata, in larga parte, dalla speculazione, che ha generato, poi, la bolla dei mutui subprime, principale responsabile della seconda più grande crisi economica della storia (2008). Da quel momento, per arginare la crisi, la Banca Centrale ha iniziato una politica di riduzione di tassi volta a migliorare le condizioni dell’economia del Vecchio Continente.
Il cambio di marcia con l’avvento di Mario Draghi ai vertici della BCE
Un’azione, però, decisamente blanda rispetto a quanto accadeva in terra americana, dove la FED azzerò i tassi in brevissimo tempo. Trichet, all’epoca alla guida della massima istituzione finanziaria europea, non fu dello stesso avviso, e procedette ad una riduzione di 325 base points (da 4,25 a 1%) nell’arco di otto mesi. Il nostro continente, però, si trovò costretto ad affrontare un’altra crisi nel 2011, quella del debito sovrano dei paesi periferici.
Una situazione fortemente destabilizzante, che mise a serio rischio la tenuta dell’Unione Europea. In quel momento, la mossa effettuata da Trichet nel procedere ad un doppio rialzo dei tassi nell’arco di quattro mesi (da aprile a luglio 2011), fu accolta con stupore dai mercati, che punirono i titoli degli stati dei paesi periferici, Italia in primis, costringendo la Banca Centrale Europea ad un brusco cambio di marcia.
La nuova politica monetaria fu inaugurata da Mario Draghi, che si insediò a novembre 2011 ai vertici della BCE e annullò il doppio aumento di Trichet nello spazio di un mese, riportando i tassi ufficiali all’1%. Nel corso del 2012, la Banca Centrale Europea ha effettuato una ulteriore riduzione dello 0,25%, ma la vera politica espansionistica iniziò, di fatto, nel 2013, quando Draghi effettuò un doppio taglio arrivando allo 0,25%.
Una mossa che portò, progressivamente, all’azzeramento completo dai tassi, avvenuto nei primi mesi del 2016, portati addirittura in area negativa sul finire del 2019 nel tentativo di far ripartire l’economia dell’area europea. Il recente annuncio dell’aumento dei tassi della BCE, quindi, non è altro che una normalizzazione della politica monetaria, di fatto da oltre un decennio eccezionalmente espansionistica.